di Andrea Ruffilli, musicoterapista
L’articolo è una riflessione sull’esperienza di oltre un anno di attività a contatto con giovani con gravi disabilità intellettive-relazionali, e si pone come presupposto per nuove concezioni rispetto al tema sempre aperto della ricerca di prassi alternative per migliorare la condizione delle persone con disabilità.
Trovare strumenti alternativi per contrastare molti aspetti della sofferenza umana non è semplice. Partendo da questa complessità e dalla consapevolezza di un percorso appassionante ma mai facile, lavoro con la musica intesa come un insieme di attività che ri-narrano, ri-creano, regolano, mediano tutti quegli aspetti che hanno limitato la partecipazione alla vita e la possibilità di sperimentare emozioni positive con gli altri.
Al CEI (Centro Educativo Integrato) attraverso un costante lavoro dell’equipe guidata dal Dott. Vito Iannelli abbiamo costruito uno “straordinario laboratorio” sonoro musicale di gruppo. La proposta di lavoro è stata quella di formare un gruppo-coro che potesse cantare e apprendere canzoni. La canzone, utilizzata in contesti dove la caratteristica predominante è spesso quella del ‘ritiro’ o di una comunicazione incongrua, favorisce processi di integrazione e riorganizzazione emotiva efficaci.
Quando si canta ognuno dei partecipanti è libero di intervenire, di esprimersi e di cantare quando lo desidera oppure può “solamente” ascoltare, ma è comunque immerso in un flusso sonoro che lo accoglie, lo stimola e lo integra. Questi processi protratti nel tempo hanno ricadute di benessere evidenti sullo stato emotivo e sul comportamento generale di persone affette da disabilità perché consentono l’acquisizione di strumenti relazionali partendo da una prassi accessibile e apparentemente banale.
Se attraverso la musica le emozioni e le sensazioni si avvalgono di un linguaggio che consente di sentire, riconoscere ed esprimere ciò che nella vita dei partecipanti non poteva avere voce, la tecnica di conduzione favorisce scambi di sentimenti per attivare un clima di sintonizzazione affettiva che a sua volta sostiene la partecipazione attiva di tutti. Tanto che, se è vero che le prime osservazioni sulle dinamiche del gruppo mostravano una situazione di grande difficoltà nello stare insieme all’interno della stanza, con il tempo la situazione si è completamente trasformata. Oggi durante lo svolgimento delle attività si percepisce in ognuno dei partecipanti uno spazio vitale e creativo di apertura verso l’altro. tutti hanno il desiderio e la gioia di cantare con i propri compagni
Le trasformazioni più evidenti che si sono manifestate riguardano:
- L’ambiente favorevole, ambiente inteso come l’insieme dei fenomeni all’interno del quale un gruppo di persone sviluppa determinate relazioni.
- Il clima di tolleranza e tolleranza reciproca (non così scontato) dettato dalla motivazione a produrre un progetto comune
- le competenze non certo intese come abilità acquisite in specifici esercizi (es. cantare una canzone) ma come competenze relazionali
Pertanto sentiamo di poterci ritenere soddisfatti e di affermare che questa esperienza è come un “testo aperto” cioè un testo che non stabilisce rigidamente il proprio modello, concedendo poca o nessuna libertà all’altro, ma che pone l’altro in una rete di relazioni inesauribili, nelle quali egli instaura la sua propria forma originale e creativa, senza essere determinato da una necessità normativa che gli prescrive modi definitivi privi di vitalità.