Provando a ragionare sulla cosiddetta “normalità”
In questi scorci di luglio che non lasciano intravedere possibilità di temporali che demoliscano la cappa africana con la quale Milano e dintorni sono costretti a convivere, ci si ritrova sin dal mattino senza respiro, eppure pronti a fare il nostro dovere quotidiano.
Il conforto arriva, almeno il giovedì pomeriggio, da quella che qui (per qui si intende la sede di via Washington, dove si riunisce la Redazione de I Sogni di Cristallo) viene comunemente chiamata la stanza tonda: ad essere tondo non è però il locale, ma più prosaicamente il tavolo, assai consono a chi, come noi della redazione, è solito riunirsi alla maniera di Re Artù e cavalieri al seguito.
L’atmosfera festaiola che si respira lascia intravedere vacanze imminenti per quasi tutti.
Siamo agli ultimi incontri di redazione, poi manderemo in ferie anche il giornale, il sito e tutto il resto.
Nel bel mezzo di un breve festeggiamento (il compleanno di un’amica della nostra coffee room), appena prima di un altro giro di cocacola, Federico il richiedente spiazza tutti: “Volevo favi una domanda… (silenzio assoluto: già si teme il peggio, con le domande a trabocchetto del Fede):
MA LA NORMALITA’ ESISTE?”
Ecco che ci risiamo, è il pensiero di molti. Perché Federico non è la prima volta che si lancia in questioni scottanti. Sembrano semplici sassolini nelle scarpe, ma ti segnano dentro, perché richiedono una risposta. Possibilmente, il più precisa possibile.
Non basta un “si” o un “no”. Occorre cercare i perché. Che talvolta sono assai difficili da stanare.
“Certo che esiste la normalità… o forse no… mah, non lo so…” sono i primi mugugni di un tavolo pensante.
Ci guardiamo negli occhi. Il richiedente sorride maliziosetto e attende risposte che siano corpose di senso.
“Magari cominciamo a dirci che cos’è la normalità” fa il Gianca. Una precisazione che fa tirare un sospiro di sollievo a più di un redattore. Il ghiaccio è rotto…
Chiediamo aiuto alla rete. Scegliamo la Treccani online, che implacabile e asettica, porge la sua definizione, indifferente ai nostri dubbi: “
Carattere, condizione di ciò che è o si ritiene normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico, sia a situazioni (politiche, sociali, ecc.) più generali.”
È Ale, il nostro Bruno Vespa fatto in casa, a rompere il ghiaccio: “Ciò che è o si ritiene normale fa capo alle abitudini, e le abitudini si possono cambiare… Perciò può cambiare anche l’idea di normalità”.
“Intendi che ciò che può essere normale oggi, domani potrebbe non esserlo più?” gli fa eco Max il garbato.
“Credo sia successo molte volte nel corso della Storia. Mi vengono in mente gli indiani d’America: per loro non era fatto normale vedere un treno in corsa, o udire lo sparo di un fucile. Così dovevano inventarsi nomi per rendere normale cose che loro non avevano mai visto: ecco allora il cavallo di fuoco con le sue rotaie bollenti aprire nuove frontiere ai viaggiatori, per lo più visi pallidi; ed il lungo coltello tuonare pericolosamente, ed in mano alle giacche blu fare davvero paura.
Si intromette Fulvio lo scrupoloso: “Se il concetto di normalità cambia col passare del tempo, c’è una relazione tra normalità e modernità?”
“Tutta ‘sta filosofia mette sete, c’è un po’ di acqua da bere?”, grazie a Dio, Marco il realista è dotato di senso pratico e richiama all’ordine. Ma una volta dissetati, cerchiamo di compiere qualche passo ulteriore. Perché il terreno si fa ripido…
Matteo l’ordinato prova a spianare la strada: “Direi che la normalità nelle cose è qualcosa che evolve in maniera quasi naturale, ma la normalità nelle persone?…”
Il Fede torna a sogghignare con una certa qual soddisfazione…
“Ecco dove voleva portarci il Fede: a ragionare sulla normalità delle persone!”; Gianca la guida alpina c’è arrivato solo adesso. Perciò: Fede batte Gianca 2 a 0. E non è ancora finita.
“Gira che ti rigira, si arriva sempre lì, alla nostra disabilità: effettivamente il tema della normalità si fa interessante”, Antonio il preciso introduce il capitolo successivo della nostra conversazione.
“Ma se applichiamo questo concetto alle persone, dove comincia e dove finisce la normalità?” la domanda di Gabriele il modesto (anche troppo) colpisce nel segno.
“A me appare molto pericoloso marcare una persona col patentino di normale, soprattutto perché questa idea apre la porta al suo esatto contrario, l’anormale”.
“Fino a che punto si spinge la normalità, qual è il limite, il confine, la linea che separa quelli che sì, normali lo sono, da quelli che no?”
“E la normalità applicata alle persone, risente dei cambiamenti della modernità o è immutabile?”
“Poniamo che la normalità evolva: io oggi potrei essere normale e ritrovarmi, in un futuro non troppo lontano, dall’altra parte della barricata: senz’altro meno bella da starci”.
Se c’è una caratteristica delle nostre pensate settimanali, è che l’ultima parola non è mai quella definitiva. Siamo un divenire in corsa. Spesso affannata, talvolta poco elegante, mai a vuoto.
E la nostra caratteristica di cercatori d’infinito, entriamo ed usciamo dalle cose della vita con la soavità di un gingerino consumato tra amici. Prima di tornare alle nostre occupazioni, troviamo il tempo per cercare di capire se De Ketelaere sarà un buon affare per il Milan, e se ci sarà una svolta estiva nella guerra in Ucraina…
E invece no: è che come tutti, c’abbiamo tante cose dentro mente e cuore. Perché semplicemente, come tutti quelli che vediamo muoversi più o meno affannosamente intorno a noi, siamo straordinariamente, infaticabilmente, terribilmente normali!
Questa riflessione non sarebbe stata possibile senza il fondamentale contributo dei redattori:
– il richiedente (al secolo, Federico Negri)
– il nostro Bruno Vespa fatto in casa (Alessandro Boarino)
– il garbato (Max Rovellini)
– lo scrupoloso (Fulvio Vella)
– l’ordinato (Matteo Casali)
– il realista (Marco Miragoli)
– il preciso (Antonio Di Fazio)
– il modesto, anche troppo (Gabriele Quiroli)
– la guida alpina (il Gianca)